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Concerto

La dolce malinconia del crepuscolo: Brahms e il Quintetto per clarinetto

domenica 4 febbraio 2024 – 17:00

Auditorium San Fermo della Battaglia

Programma di sala

Johannes Brahms, Quintetto in Si minore per clarinetto e archi, Op. 115

Allegro
Adagio
Andantino. Presto non assai ma con sentimento.
Con moto

Esecutori

Alessandro Cameroni, clarinetto
Daniele Rumi,
violino
Francesco Albarelli, violino
Matilde Pesenti, violoncello
Ludovico Matteo Carangi, viola

Guida all’ascolto

a cura di Alessandro Cameroni

Tra le Sonate Op. 120 e il Trio Op. 114, il Quintetto Op. 115 rappresenta la gemma del corpus di opere per clarinetto che Johannes Brahms (Amburgo 1833-Vienna 1897) compose verso la fine della propria vita, nel 1891 e nel 1894.

Genesi

Questo inestimabile capolavoro fu ideato e scritto a Ischl, in Austria, sotto l’ispirazione del clarinettista Richard Mühlfeld (nell’immagine) nell’estate del 1891. Un omaggio, dunque, ad un musicista e al suo clarinetto, strumento le cui possibilità tecniche ed espressive Brahms riscoprì in tarda età. Sembrerebbe che “la calda e ricca espressività dello strumento a fiato fosse particolarmente consona e congeniale a un compositore giunto all’estrema maturità artistica” (Andrea Massimo Grassi, “Fräulein Klarinette”).

Di gran lunga significativo, in questa vicenda, è il fatto che, fino a poco tempo prima di dedicarsi al Quintetto, Brahms aveva deciso di cessare la propria attività creativa.

 

 “Ultimamente avevo iniziato parecchie cose, anche sinfonie e altro, ma non ne scaturiva niente; perciò ho pensato di essere già troppo vecchio e ho deciso energicamente di non scrivere più nulla. Pensavo fra me e me che durante la mia vita ero stato abbastanza diligente, avevo ottenuto molto, che avevo una vecchiaia senza preoccupazioni e che avrei potuto godermela con tranquillità. Questo pensiero mi rendeva talmente felice, talmente contento, talmente soddisfatto, che l’ispirazione tornò all’improvviso.”
                     (Lettera di Brahms a Eusebius Mandyczewsky, 1890)

 

Fu agli inizi del 1891 che, sull’onda di una rinata ispirazione, il compositore decise di far visita a Meiningen, città situata al centro dell’odierna Germania, per ascoltare ancora una volta l’allora celeberrima orchestra della Cappella di corte. In questa occasione, il suono e la straordinaria tecnica di Mühlfeld, che nella prestigiosa orchestra suonava stabilmente, catturarono la sua attenzione. In seguito ad un approfondimento delle possibilità tecniche ed espressive del clarinetto, Brahms compose il Quintetto in tempi rapidissimi. Quando si ascolta il Quintetto, la caratteristica immediatamente apprezzabile è l’equilibrio perfettamente amalgamato dei cinque strumenti. Pur essendo un quintetto per clarinetto, non abbiamo a che fare con una composizione per strumento solista accompagnato; ci sono, è vero, momenti nei quali il clarinetto è solista e in rilievo sulle armonie di appoggio degli archi (l’Adagio lo dimostra chiaramente), ma ogni singolo strumento ha i propri momenti solisti, ed è sempre valorizzato nel pieno delle proprie caratteristiche timbriche.

 

Nel quintetto l’agire degli archi insieme con il clarinetto ha condotto alla combinazione di suoni più meravigliosa e affascinante”
                             (Otto Lessmann, Allgemeine Musik-Zeitung, 1891)

 

La scrittura brahmsiana del periodo della maturità rivela inoltre nel Quintetto tutte le riflessioni che il compositore affrontò nell’intera sua esperienza di scrittura: il lavorìo sul pensiero musicale tramite la pratica della variazione integrale, il sapiente contrappunto tra le voci, la scelta dei timbri e il soppesamento degli equilibri strumentali, per citarne solo alcuni. Eppure il materiale di partenza è davvero esiguo: si esaurisce, come tipicamente accade nell’ultimo Brahms, nelle prime misure, e viene elaborato per autogemmazione lungo l’intera composizione e i suoi movimenti.

Si tratta di musica intensissima, disciplinata da equilibrio e sapiente, matura sensibilità. Il Quintetto commuove l’ascoltatore, persino il meno dotto, per la struggente profondità delle sue armonie, per il carattere drammatico ma contenuto, per la serenità che ne sboccia a tratti, per quella dolce e penetrante malinconia dai timbri scuri così tipica dell’ultimo Brahms.

Struttura

L’Allegro, in Si minore, è bipartito. Si apre con una semplice introduzione dei violini attorno a poche note, a distanza di terza l’uno dall’altro, perfettamente incastonati nell’andamento sincopato dell’ingresso di viola e violoncello (qui sopra, particolare del manoscritto). Il vero e proprio materiale tematico viene introdotto tra le misure 3 e 4 dai violini, mentre il clarinetto entra con un favoloso e pur semplice arpeggio ascendente, che subito cattura ed eleva l’ascoltatore, per poi riprendere l’introduzione dei violini. Brahms sfrutta subito i registri acuto, medio e grave del clarinetto, e risulta già chiaro come intenda impiegarne ogni possibilità espressiva. Da notare come il materiale tematico venga costantemente rielaborato e sviluppato, durante tutto il movimento.

L’Adagio è forse il più straordinario omaggio al clarinetto nella musica da camera. E il più difficoltoso da eseguire. È suddiviso in tre momenti: un momento tematico, delicatissimo, in Si maggiore, un momento virtuoso in Si minore, e una ripresa del tema, di nuovo in Si maggiore.

È qui che il clarinetto ha modo di librarsi su di un tappeto di accompagnamento degli archi, eseguendo le rapidissime volate di trentaduesimi e sessantaquattresimi che sono un palese richiamo allo stile gitano, tanto amato da Brahms.

Il terzo movimento è tripartito. L’Andantino, lineare e sereno, scorre fluido e si conclude armoniosamente prima di lasciar spazio al Presto non assai ma con sentimento. Qui, invece, il motivo puntato e staccato (che altro non è se non la medesima cellula tematica dell’Andantino in diminuzione) è un pretesto per un lungo sviluppo, sempre all’insegna dello staccato e del ribattuto. Ritorna infine, identico, a chiudere il cerchio, il medesimo motivo dell’Andantino.

Il Con moto prende invece la forma di un Tema con variazioni, ciascuna affidata alla voce di uno dei cinque strumenti in particolare. L’incipit è modellato ritmicamente sul tema dell’Andantino (lo schema è: semiminima, due crome, semiminima), ma deriva anche dal secondo elemento del tema di apertura del Quintetto. Il finale, nuovamente in 6/8, è la ripresa del principio dell’Allegro, a chiudere il cerchio dell’intero Quintetto. In un clima di profonda emozione, dopo aver esaurito ogni ulteriore sviluppo, il compositore si ritrae in se stesso, come prendendo congedo dall’attività musicale.

Appena composto, il Quintetto ebbe subito grandissimo successo. Sono qui riportate due testimonianze rivelatrici.

 

“Quello del Quintetto [l’Adagio] è così profondo, tutto così singolarmente fantastico (quasi zingarescamente libero talvolta) da avvincere ogni volta [che lo si ascolta] di più. Ma anche gli altri movimenti sono così magistrali, così musicalmente ondeggianti da suscitare la massima gratitudine per l’artefice di simili forme sonore. Impareggiabilmente leggiadri sono anche entrambi i movimenti alla maniera di Allegretto che costituiscono lo Scherzo, quello del Trio improntato più al Ländler austriaco e l’altro piuttosto di impronta slava. Spero profondamente che Lei possa presto ascoltare quelle musiche ed essere d’accordo con me”
             (25 Novembre 1891, Joseph Joachim a Clara Schumann).

 

“Non mi sento per niente bene ma devo mandarti queste due righe dopo avere finalmente sentito l’affascinante Quintetto! Come è superbo, come commuove! Come si viene totalmente avvinti nel fondersi intimo degli strumenti, nel suono delicato ed energico del clarinetto. L’Adagio come è toccante, poi la parte centrale, così meravigliosamente interessante, ah!, sento l’inadeguatezza delle parole per ciò che ho provato! E poi come suona quell’uomo, come se fosse stato creato per la tua opera. Questa semplicità interiore e la finezza della sua interpretazione! Che piacere ne ho avuto![…]”
                                     (18 Marzo 1893, Clara Schumann a Brahms).

 


Daniele Rumi (Gravedona, 2001) studia violino, fin da giovanissimo, presso l’Istituto Civico Musicale di Dongo, con il M° Alessandro Piffaretti, ed entra al Conservatorio di Como nel 2012 (dove studia attualmente col M° Isabella Longo, e dove si è laureato nel 2022). Studiando parallelamente presso il liceo scientifico, ha partecipato a diverse masterclass con Enzo Porta, Cristiano Rossi, Yulia Berinskaya, Felix Ayo, Giulio Plotino, Roberto Baraldi, Ilya Gringolts e Alessandro Milani. Nel 2014 ha collaborato con l’orchestra “I Piccoli Musici Estensi di ImmaginArte” e si è esibito con loro al Teatro Dal Verme a Milano. Nel 2021 ha partecipato ad una incisione con il soprano Javier Camarena presso il teatro Donizetti di Bergamo, dove ha suonato anche per una realizzazione di “L’elisir d’amore” con l’orchestra “Gli Originali”, con il M° Riccardo Frizza. Nel 2023 ha collaborato con l’orchestra “1813” del Teatro Sociale di Como per realizzazione di Aida.

Francesco Albarelli (2003) Si è diplomato in violino con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Como, dove studia attualmente con il M° Francesco Parrino. Polistrumentista, allo studio del violino affianca anche quello dell’organo (sempre presso il Conservatorio di Como, con il M° Elizabeth Zawadke) come secondo strumento principale. Nel 2021 ha vinto il prestigioso premio “LealtreNote” come miglior violinista nell’ambito dell’omonimo festival. Numerose sono le produzioni a cui prende parte regolarmente in qualità di solista, orchestrale e corista, così come le masterclass di perfezionamento seguite nel corso degli anni con docenti di rilevanza internazionale.

Alessandro Cameroni (Desio, 2001) ha studiato clarinetto presso la Civica Scuola di Musica di Desio con i Maestri Raffaella Ciapponi (Orchestra Verdi) e Stefano Sala, e presso il Conservatorio di Como con Carlo Dell’Acqua e Alessandro Travaglini, con i quali ha approfondito anche lo studio del corno di bassetto, del clarinetto in Mib, del clarinetto basso. Nel mese di ottobre 2023 discuterà la tesi di laurea, con un lavoro proprio sul Quintetto di Brahms. Ha partecipato a concorsi nazionali di musica da camera, classificandosi sempre ai primi posti. Ha suonato frequentemente per istituzioni del territorio (Civica Scuola di Musica di Desio, Musicamorfosi, Villa Tittoni, Villa Dho, Reggia di Monza, Teatro Sociale di Como, Villa Erba, Società dei Palchettisti, Fondazione Antonio Carlo Monzino, AVSI, Teatro Civico Roberto De Silva di Rho, etc.) e ha suonato frequentemente alle iniziative e ai concerti aperti al pubblico del Conservatorio. Frequenta la Facoltà di Storia dell’Università Statale di Milano.

Matilde Pesenti (Milano, 2000) ha studiato violoncello presso la Scuola di Musica Dedalo e la Scuola di Musica di Imola con il M° Marcella Ghigi. Dal 2016 frequenta l’Accademia Milano Music Master con il M° Luca Magariello, e attualmente è iscritta al primo anno di Biennio presso il Conservatorio di Como, nella classe del M° Guido Boselli. Dal 2013 partecipa ai numerosi progetti della SONG Sistema Lombardia in varie formazioni orchestrali come Futurorchestra e il nucleo Immaginarte, che organizzano importanti manifestazioni in Italia e all’estero. Nel 2018 e nel 2019 ha preso parte alla MACH Orchestra durante il Festival di Musica sull’Acqua. Tramite il Conservatorio, ha preso parte ad alcune produzioni legate alla Società dei Concerti con il M° Ezio Bosso, a “laVerdi”, e con l’ensemble di musica contemporanea Achrome. Nel dicembre 2022 si è laureata in Scienze dei beni culturali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.

Ludovico Matteo Carangi (Varese, 2000) ha studiato violino presso la scuola Suzuki di Varese con il M° Carlo Taffuri, e viola presso l’Accademia di Musica di Pinerolo con il M° Adrian Pinzaru. Ha suonato in diverse formazioni orchestrali, in Italia e all’estero (I Piccoli Musici Estensi, Pequenas Huellas, i Giovani Musici Estensi, UKOM). Dal 2012 collabora con il Sistema Lombardia nelle formazioni di Futurorchestra, PYO e SEYO. Ha suonato nell’orchestra sinfonica della Rai, e ha partecipato a diverse tournée, come solista o spalla, in formazioni orchestrali a Parigi, Roma, New York, Mosca, San Pietroburgo, Sofia e Plovdiv. Presso la SEYO, ha suonato a Istanbul, alla Scala e agli Arcimboldi di Milano. Nel 2018 e 2019 ha preso parte al progetto MACH Orchestra, esibendosi nei concerti di chiusura del “Festival Musica sull’Acqua di Colico”. Ha partecipato a diversi concorsi nazionali, posizionandosi sempre ai primi posti, e a numerose masterclass con importanti solisti di chiara fama (Francesco Senese, Giacomo Tesini, Alejandro Carreño, Raphael Christ e Ilya Gringolts). Nel 2022 ha conseguito la laurea triennale presso il Conservatorio di Como, con il M° Isabella Longo

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