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Vietato aver paura

a cura dell’Ufficio Comunicazione

Essere figlio di un deportato è sempre stato difficile.

Così si conclude l’emozionante testimonianza del 25 gennaio 2020 tenuta dal Presidente del Conservatorio di Como Enzo Fiano, figlio del sopravvissuto Nedo Fiano. La storia di quest’uomo è un esempio di ciò che dovevano subire gli ebrei durante questo periodo di disumanità.

Nato a Firenze nel 1925, all’età di 13 anni venne cacciato dalla scuola in quanto ebreo. La sua storia, però, inizia un giorno di febbraio del 1944, quando, mentre stava passeggiando, venne raggiunto da un poliziotto in borghese che, puntandogli una pistola, gli disse “Tu sei Nedo Fiano, sei ebreo”. Venne poi messo in carcere senza nessuna colpa, spostato nel campo di Fossoli e infine, il 16 maggio 1944 dovette affrontare insieme a tutta la sua famiglia “il viaggio”.

Privati di qualsiasi identità, dopo il trasporto, senza mangiare e senza bere, in condizioni terribili, dopo sette giorni e sette notti raggiunsero Auschwitz.

Scesi dal treno, vennero separati, la madre mandata subito ai forni crematori. Spogliato, gli rimasero solo la tunica di cotone, gli zoccoli di legno, il berrettino e il numero marchiato a fuoco. Senza identità. 

L’unica, se si può dire, fortuna è che il nonno gli aveva imposto di imparare il tedesco.

Una volta nel campo, un SS chiese se qualcuno conoscesse il tedesco. Nedo Fiano “spinto dal nonno” si fece avanti. Venne scelto come traduttore grazie anche la simpatia del soldato nei confronti di Firenze. Il suo compito per i successivi otto mesi era accogliere i prigionieri che arrivavano con il treno, rispondere alle loro domande senza trasmettere nessun sentimento.

Dopo essere stato accusato di aver rubato un pezzo di pane, si “salvò” nuovamente, questa volta grazie alla musica.

Mio padre aveva, ed ha, una bellissima voce. Mentre cantava nella baracca negli unici 20 minuti liberi, capitò che venne da un soldato, che lo invitò nella propria baracca a cantare per tutti.

Grazie a questo nuovo lavoro non partecipò alla camminata della morte ma venne trasportato, dato l’imminente arrivo di russi e americani, nel campo di concentramento di Buchenwald. A causa di una ferita molto grave alla gamba, il ricordo della liberazione è carico di emozioni. Enzo Fiano racconta con grande commozione ciò che il padre continuava a dire: arrivò un soldato che gli offrì una sigaretta, ricordandogli un’umanità ormai persa. Svenne, si risvegliò dopo due settimane in un ospedale dove era stato curato. Tornò a Firenze in autostop, unico sopravvissuto della sua famiglia. 

Lui non è mai uscito da Auschwitz, ma mantenne la promessa fatta alla madre: laurearsi.

L’intervento del sindaco di Como, Mario Landriscina, sottolinea l’importanza della testimonianza con queste parole “Non lasciamo che la storia ci vaccini alla bestialità di cui l’uomo è capace. Dobbiamo smettere di far scontrare uomo contro uomo con un impegno individuale”.

In conclusione abbiamo ascoltato due brani: il Lied ohne Worte op.67 in si minore eseguito dal direttore del Conservatorio di Como, Carlo Balzaretti (a ricordare che la musica di Mendelssohn venne vietata nei Conservatori italiani, negli anni delle leggi razziali) e Schindler’s list, colonna sonora dell’omonimo film, eseguita dalla violinista Valeria Vecerina, allieva del maestro Enrico Casazza, accompagnata al pianoforte dallo stesso Maestro Balzaretti.

Per un finale commosso e concentrato, di tutti i presenti, allievi, docenti, cittadini e autorità.

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