La Masterclass ha come fine l’avvicinamento, la comprensione e l’approfondimento del repertorio pianistico del XX secolo e contemporaneo, indirizzato a studenti di ogni livello.
Alla fine della Masterclass il Maestro Prode farà un concerto in cui eseguirà, tra gli altri brani, “Sofferte onde sonore” per il centenario dalla nascita di Luigi Nono.
In diretta streaming la Signora Nuria Nono Schoenberg presenterà questo concerto, offrendo altresì il Patrocinio della Fondazione Luigi Nono al Conservatorio di Como per questa stessa Masterclass con concerto.
Programma del concerto
Karlheinz Stockhausen
Klavierstück IX
Luigi Nono
…sofferte onde serene….
Ludwig van Beethoven
Sonata op. 106 – Adagio sostenuto
Note di sala
A cura di Susanna Grassi
A conclusione della masterclass “Il suono-forma nella musica del XX secolo”, Francesco Prode propone un viaggio attraverso il repertorio pianistico del ventesimo secolo, affrontando due autori che hanno segnato in maniera indelebile la musica del XX secolo: Karlheinz Stockhausen e Luigi Nono. Prode, tuttavia, avvia il percorso da uno dei compositori del XIX secolo la cui modernità non smette mai di stupire e che ha ispirato numerose generazioni a lui successive: Ludwig van Beethoven.
La Sonata in Si bemolle maggiore op. 106 costituisce una svolta nella scrittura pianistica beethoveniana. L’opera è meglio conosciuta come “Hammerklavier”, termine tedesco che indica il pianoforte con la meccanica a doppio scappamento, messa a punto dai fratelli Erard proprio negli anni in cui Beethoven scrive questa sonata. Si tratta di una grande novità per Beethoven e per il mondo pianistico dell’epoca, in quanto questo nuovo modello di meccanica apre la strada a nuove possibilità espressive grazie ai continui miglioramenti della meccanica pianistica. Pubblicata nel 1819 a Vienna per l’editore Artaria, la gestazione dell’opera si colloca in uno dei periodi più bui della vita artistica e privata del compositore. Rassegnatosi alla graduale ma inesorabile perdita dell’udito, Beethoven stesso rivela in una lettera a Ferdinand Ries, suo pupillo nonché segretario, che l’opera è stata concepita e portata a termine in una situazione di grande tristezza e sofferenza. Agli occhi di Beethoven, la pubblicazione di questa sonata rappresenta così una via d’uscita dall’oscurità e traccia l’inizio di una nuova ricerca artistica volta a rielaborare le forme del passato, in primis il Tema con variazioni e la Fuga.
La “Hammerklavier” ridefinisce il modo di concepire la tonalità: l’interesse del compositore non verte più sul rapporto tra la tonica e la dominante, esplorato all’interno della forma sonata sin dai tempi di Haydn, bensì sulle relazioni di terza. Uno strappo alla regola che consente al compositore di esplorare con maggiore libertà le tonalità più lontane dalla tonalità d’impianto, come nel caso del terzo movimento.
L’adagio sostenuto è scritto nella tonalità di Fa diesis minore. Considerata la lontananza di questa tonalità da quella degli altri movimenti (Si bemolle maggiore) e la scelta del modo minore, l’ascoltare è immediatamente travolto dalla tragicità che il movimento vuole trasmettere. Anche la struttura scelta, la forma sonata, racchiude in sé una funzione drammatica. La forma sonata contribuisce infatti all’espressione di un dolore profondo che però non è fine a se stesso, in quanto contiene già la chiave del suo superamento, ovvero l’accettazione stessa del dolore. Ed è proprio attraverso la consapevolezza del dolore che l’essere umano può migliorare se stesso quale individuo e membro della società. Più in dettaglio, il compositore elabora questo percorso interiore attraverso le diverse fasi della forma sonata. Il primo tema, solenne e spirituale, lascia trasparire una grande sofferenza. Prima della transizione verso il secondo tema, esso subisce una trasformazione e assume una veste più cantabile ed espressiva, che molti studiosi hanno accostato al carattere dell’aria d’opera. Si tratta del primo passo verso la redenzione dal dolore, che s’intravvede con il secondo tema, condotto nella tonalità di Re maggiore. In effetti, il secondo tema ci riporta ad un’atmosfera pastorale, di una serenità raggiunta tramite l’accettazione di quel dolore che, in un primo momento, pare insuperabile. Le conseguenze di questa conquista si ripercuotono sulla ripresa: col ritorno alla tonalità d’impianto, Fa diesis minore, il primo tema risulta fin da subito più cantabile e presenta una scrittura tipicamente violinistica, mentre il secondo tema, riproposto con la stessa fisionomia dell’esposizione, risplende nella tonalità di Fa diesis maggiore: è qui che si percepisce l’accettazione della sofferenza.
Frequentatore dei corsi estivi della città tedesca di Darmstadt, Karlheinz Stockhausen (1928 – 2007) è un punto di riferimento delle Avanguardie del Secondo Novecento. La sua ricerca musicale si spinge in tutte le direzioni possibili: partendo dalla musica seriale di matrice weberniana, Stockhausen approfondisce lo studio della musica aleatoria, della musica elettronica e anche del teatro d’opera, sempre sotto lo stimolo di tecniche compositive, stili e culture di diversa natura.
I suoi diciannove Klavierstücke nascono da varie ricerche nell’ambito della musica strumentale senza il supporto del mezzo elettronico. Il pianoforte rimane lo strumento privilegiato per sperimentare nuove tecniche, modalità esecutive e compositive. Stockhausen elabora un grande progetto costituito originariamente da ventuno composizioni, conclusosi poi a diciannove. La stesura di questi pezzi occupa due diversi periodi nella vita del compositore: tra il 1952 e il 1961, completa i Klavierstücke I – XI, mentre i successivi Klavierstücke sono strettamente connessi al ciclo operistico Licht, intrapreso a partire dal 1977.
Il Klavierstück IX, completato nel 1961, si distingue dagli altri per l’impiego della serie di Fibonacci, successione matematica utilizzata da compositori di ogni epoca sin dalla sua scoperta. Il compositore adopera questa serie per delineare il tempo musicale come si evince dalle notazioni metriche, non convenzionali (ad esempio: 142/8). Inoltre, l’autore si avvale anche delle somme date dai numeri “puri” della serie (ad esempio: 11/8). Per questo Klavierstück, Stockhausen utilizza una notazione del tutto convenzionale, alla quale però aggiunge alcune annotazioni per fornire indicazioni più dettagliate e utili all’interprete.
Da un punto di vista formale, il brano presenta un impianto atonale e un unico movimento articolato in tre macrosezioni, l’una in stretta connessione con l’altra. La prima sezione, che ricopre una funzione introduttiva, si caratterizza per la ripetizione ossessiva di un singolo accordo in diminuendo nel registro grave. Segue la sezione centrale, la più estesa, dove si alternano elementi variabili: ad un primo momento sospensivo, con note tenute in tutti i registri del pianoforte costellate a tratti da brevi interventi in staccato, segue un passaggio più agitato con dinamiche sempre più violente. L’atmosfera si fa a poco a poco più rarefatta sino alla sezione finale, che si svolge tutta nel registro acuto. Il brano si conclude con un effetto di dissolvenza, indicata dallo stesso compositore in partitura.
Anche la musica di Luigi Nono (1924 – 1990) contribuisce allo sviluppo delle Avanguardie di Secondo Novecento, sia italiane sia internazionali. La sua ricerca artistica si focalizza sullo studio del suono in quanto entità autonoma e mutevole, non solo dal punto di vista dell’esecutore, ma anche da quello dell’ascoltatore. Ciò spinge il compositore a sperimentare in continuazione con mezzi tradizionali e nuovi, tra i quali la musica elettronica. …Sofferte onde serene… nasce nel 1976 proprio dall’incontro del mezzo elettronico con la musica live prodotta da uno strumento: l’opera è concepita per pianoforte e nastro magnetico.
Come si deduce dal titolo, questa composizione nasce in un periodo particolarmente difficile per l’autore, segnato dalla morte dei genitori. A questo evento si sommano alcune riflessioni che Nono conduce sulla propria evoluzione estetica: egli si rende infatti conto che le opere pubblicate fino a quel momento sono state fraintese a causa del loro esplicito messaggio politico. Per questa ragione, il compositore adotta un approccio più intimo nei propri lavori, con l’obiettivo di lasciare emergere l’aspetto più intimo dell’animo umano. L’aggettivo “serene” si riferisce, invece, al potere cullante delle onde del mare: non bisogna dimenticare che Nono rimane profondamente legato alla sua città natale, Venezia.
L’acqua è dunque la protagonista di questo brano ed è trattata non solo come oggetto d’interesse, ma anche come mezzo di propagazione del suono. Essendo un mezzo differente rispetto all’aria, l’orecchio umano percepisce le onde sonore in modo diverso. Questo effetto naturale è possibile grazie ai grandi agglomerati sonori che impediscono all’ascoltatore di distinguere le singole note che li compongono. Inoltre, l’alterazione del suono è dovuta anche al fatto che i suoni prodotti dal nastro magnetico provengono da un pianoforte registrato; di conseguenza, durante l’esecuzione, risulta quasi impossibile separare il suono live da quello registrato e, qualora sia possibile farlo, il suono registrato sembra provenire da lontano, giungendo così alterato. In analogia con le onde del mare, il brano, in movimento unico, si presenta come un flusso unico inarrestabile, che nasce e si conclude nel silenzio.
La realizzazione di questo brano nasce anche dall’amicizia tra Nono e il pianista Maurizio Pollini. A partire dal 1971, compositore ed esecutore lavorano strettamente l’uno a fianco dell’altro, prima durante la registrazione del nastro magnetico, poi durante la messa a punto dell’esecuzione vera e propria, che prevede l’utilizzo di quattro altoparlanti (due collocati nel pianoforte e due posti agli angoli della sala). Durante la prima esecuzione pubblica, la parte elettronica è controllata dallo stesso Nono, a sottolineare ulteriormente l’intesa che deve stabilirsi non solo tra il compositore e l’esecutore, ma anche tra l’esecutore e il tecnico del suono.
Francesco Prode, docente
Una grande passione per il contemporaneo, tenuta a battesimo nel 2005 da Karlheinz Stockhausen a Kuerten. Musicista rivelazione della Biennale Musica di Venezia 2014, offre un’ interpretazione del tutto personale con “… sofferte onde serene …” di Luigi Nono. Per questo, Francesco Prode è stato definito dalla critica nazionale e internazionale “simbolo della nuova musica”.
Nel 2014 Prode è il pianista ufficiale del New York City Electronic Music Festival. Grazie alla sua straordinaria capacità di essere profondamente dentro codici culturali ed interpretativi differenti, riesce a cogliere l’essenza musicale dei compositori di tutto il mondo: dalla Corea del Sud, alla Cina, alla Francia, agli Stati Uniti.
In Italia ed in Europa, le affinità elettive di Prode lo conducono a dialogare e lavorare attivamente con compositori del calibro di Ivan Fedele, Denis Smalley, Marco Stroppa, Mark Andre, Alessandro Solbiati, Martino Traversa, Riccardo Panfili, Colombo Taccani, Vittorio Montalti, Lasse Thoresen, Philip Glass.
Le sue interpretazioni sono state trasmesse da radio storiche nella diffusione della musica contemporanea come WDR 3, Radio 3 Suite, Radio Vaticana, Radio Cemat.
Numerose le sue prime esecuzioni, tra cui la prima mondiale di 2×5 e City Life di Steve Reich nella Sala Sinopoli del Parco della Musica di Roma.
Recentemente le energie di Prode hanno messo a nudo la contemporaneità della Grande Sonata op 11 di Robert Schumann. Proprio per questo Radio Vaticana gli ha dedicato due puntate nella trasmissione Diapason andata in onda a livello mondiale insieme all’esecuzione di “Controra” di Giorgio Colombo Taccani scritta appositamente per lui e “Resistere” di Marcello Filotei.
Nel 2016 il suo Progetto Miroirs ha avuto il suo debutto al Teatro dell’Opera di Roma replicando al Festival Traiettorie di Parma e in altre città fino al 2018. Nel 2016 ha suonato al Teatro La Fenice di Venezia.
Nel 2020 Prode viene invitato dalla Biennale di Venezia per il concerto evento dedicato alla figura di Luigi Nono.
Nel 2021 è stato invitato dalla Fondazione Luigi Nono per un concerto dedicato a Bruno Maderna e Luigi Nono.
È attualmente docente al Conservatorio S. Cecilia di Roma per il Master di II livello in Interpretazione della musica contemporanea.