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Concerto

In nomine Domini 1764 – II edizione

Gli studenti del Conservatorio di Como suoneranno Debussy e Ravel in occasione del compleanno della Società dei Palchettisti

7 Giugno 2023 – 18:00

Alle ore 17:00 Laura Colombo e Ludovico Matteo Carangi terranno una presentazione dei brani

Sala Bianca, Teatro Sociale di Como

Biglietti

Anche quest’anno la Società dei Palchettisti festeggia l’anniversario della sua nascita, il 259esimo, il 7 giugno 2023 alle alle 18:00 presso la Sala Bianca del Teatro Sociale di Como organizzando un grande concerto di musica classica interpretato dagli studenti del Conservatorio G. Verdi di Como.

Programma

Claude Debussy (1862 – 1918), Danse sacrée et Danse profane per arpa e archi
Laura Colombo, arpa
Daniele Rumi, Alessia Tocchetti, Alice Cansirro Cortorillo, Francesca Conte, violini
Ludovico Matteo Carangi, Alice Daverio, viole
Matilde Pesenti, Federica Rossi, violoncelli
Carlo Bavetta, contrabbasso

Claude Debussy (1862 – 1918), Quartetto per archi in sol minore op.10
Animé et très décidé – Assez vif et bien rytmé – Andantino, doucement expressif – Très modéré, Très mouvementé
Daniele Rumi, Alice Cansirro Cortorillo, violini
Ludovico Matteo Carangi, viola
Matilde Pesenti, violoncello

Maurice Ravel (1875-1937), Introduzione e Allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi
Laura Colombo, arpa
Giulia Alberani, flauto
Alessandro Cameroni, clarinetto
Daniele Rumi, Alice Cansirro Cortorillo, violini
Ludovico Matteo Carangi, viola
Matilde Pesenti, violoncello

Libretto di sala

Note di sala

a cura di Daniele Rumi

Protagonisti di questo concerto sono Claude Debussy e Maurice Ravel, due grandi autori spesso considerati simili, quando in realtà presentano caratteristiche molto diverse. Entrambi vivono nella Francia di fine Ottocento e inizio Novecento, nel pieno della Belle Époque: periodo di prosperità economica, progresso tecnico-scientifico, ma soprattutto caratterizzato da un vivace fermento artistico culturale. Parigi diventa uno dei centri di creatività e di sviluppo delle arti, dove si ha la possibilità di esprimersi con forme e linguaggi innovativi. L’Esposizione Universale del 1889 fu l’apice di questo momento: è proprio in questa occasione che Debussy entra in contatto con l’arte orientale rimanendo affascinato dai suoi arabeschi, dalla polifonia così diversa e dagli strumenti particolari, come i gamelan giavanesi.

La ricerca di Debussy si concentra soprattutto sul timbro: egli cerca nuove sonorità partendo da presupposti diversi rispetto ai suoi predecessori. Il compositore sposta l’attenzione dell’ascoltatore su un piano differente: le macchie sonore che utilizza definiscono un istante legato all’estemporaneità che però non necessariamente si ricollega all’esternazione di un sentimento, come accade invece nell’espressionismo. La sua musica crea quindi un’impressione intima e coinvolgente, facendo evolvere in modo personale ed innovativo quegli esperimenti già abbozzati, ad esempio, da Wagner nel “Tristano” e fondendoli con il gusto più “nazionale” della complessità armonica di compositori francesi che già si muovevano in quella direzione come Fauré.

Per Ravel invece il fattore timbrico non è al primo posto poiché per lui conta soprattutto l’aspetto formale: la sua scrittura netta, precisa, luminosa e cristallina, suscita colori forti e accesi nella sua musica. Ravel, abilissimo orchestratore, tratta gli strumenti con un meticoloso senso strutturale che Debussy non possiede; le sue partiture sono grandi impalcature ben definite in cui nulla è lasciato al caso. 

Claude Debussy (1862 – 1918), Danses per arpa cromatica e orchestra d’archi

Debussy inizia la stesura delle due danze – una sacra e una profana – nel 1904, nello stesso periodo in cui compone il suo capolavoro orchestrale La mer, in seguito agli incoraggiamenti ricevuti dalla casa di strumenti Pleyel che aveva lanciato sul mercato un nuovo modello di arpa: l’arpa cromatica. Essa si differenzia dalla classica arpa diatonica poiché non ha i pedali, ma una corda per ogni semitono. L’arpa cromatica ebbe un discreto successo iniziale, ma non riuscì ad imporsi e le due Danses vengono oggi convenzionalmente eseguite sull’arpa diatonica.

La modalità per Debussy è oggetto di interesse e l’inizio della Danse sacrée ne è un esempio: la modalità viene cercata per mezzo di un’assenza di tensioni e di una melodia che richiama un canto gregoriano. Nel corso di tutta la danza si alternano come dei responsori e dei salmodiati, e piano piano si elaborano le risposte sempre senza la necessità di risolvere tonalmente.

La seconda danza – Danse profane – inizia senza soluzione di continuità e si differenzia dalla prima per alcuni aspetti: l’inizio tonale, in contrapposizione con la modalità utilizzata precedentemente, e il ritmo, ben scandito e non più salmodiante. Il movimento di levare con cui inizia la seconda danza è il motore di tutto il brano, che infatti è più mosso, e lo agita per tutta la durata del pezzo.

Claude Debussy (1862 – 1918), Quartetto per archi in sol minore op. 10

Composto tra il 1892 e il 1893, il quartetto viene eseguito per la prima volta a Parigi il 29 dicembre dello stesso anno dal quartetto Ysaye, anche dedicatario del brano. Il quartetto si articola nei tradizionali quattro movimenti: un primo movimento, Animé et très décidé in forma-sonata; uno Scherzo, Assez vif et bien rythmé; un movimento lento e lirico, Andantino, doucement expressif; un finale energico, Très modéré – En animant peu à peu – Très mouvementé et avec passion. Tuttavia, all’interno di questo schema canonico, Debussy amplia le sonorità del quartetto d’archi con nuove tessiture, scale esotiche, accordi non convenzionali e una costante rielaborazione: i quattro movimenti sono infatti legati da un unico tema che, continuamente trasformato nel ritmo e nei modi, si alterna alla sua esposizione fondamentale in un suggestivo intreccio musicale.

Maurice Ravel (1875 – 1937), Introduzione e allegro

Se le Danses erano state scritte da Debussy per promuovere l’utilizzo dell’arpa cromatica, il settimino viene scritto da Ravel per la motivazione opposta. In quegli anni la casa musicale Érard cercava di promuovere le potenzialità e l’espressività dell’arpa diatonica, strumento di sua costruzione, cercando in tal modo di contrastare la nuova “concorrente” cromatica. È così che nel 1905 nasce l’Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi.

Ravel tratta l’arpa come strumento solista e gli altri strumenti come se fossero una piccola orchestra. Dopo una breve Introduzione dalle affascinanti atmosfere sognanti, si passa subito all’Allegro introdotto da una cadenza dell’arpa. Nel brano non vi sono esposizioni di temi e successivi sviluppi come in una forma-sonata, ma soltanto un passaggio di motivi da uno strumento all’altro in un lavoro di grande raffinatezza, soprattutto nell’utilizzo molto efficace di giochi timbrici costruiti tramite curiosi raddoppi tra gli strumenti.

L’uso dell’arpa e del flauto sembrerebbero essere un omaggio a Debussy, la cui musica all’epoca era diventata assai nota soprattutto per il Prélude à l’après-midi d’un faune. In effetti nell’Introduzione e allegro si può riscontrare un rimando debussiano, ma sempre filtrato dalla raffinata personalità di Ravel.

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