In Concerti

Concerto

«In choro et organo». I Suoni della Cattedrale VIII Edizione

12 Giugno 2024 – 21:00

Chiesa di San Domnino, Como

Ingresso libero

Programma

Granciniana:

Salmi dal Giardino spirituale de’ varii fiori musicali di Michelangelo Grancini (Milano, 1655)
Mottetti dal Settimo libro dei sacri concerti a due, tre, e quattro voci di Michelangelo Grancini (Milano, 1650)

Coro e solisti del «Concentus Vocum» del Conservatorio «G. Verdi» di Como

Solisti:

Roberta Riccardi, Alessandra Rossitto soprani
Angela Verallo contralto
Luciano Grassi, Lorenzo Taroni tenori
Mauro Canali, Fulvio Peletti bassi

Nicolò Gattoni organo
Franco Lazzari chitarrone
Riccardo Marelli violoncello barocco

Direttore Michelangelo Gabbrielli

Note di sala

A cura di Michelangelo Gabbrielli

A distanza di tre anni dall’esecuzione della messa e delle antifone mariane facenti parte del Giardino spirituale di Michelangelo Grancini (1605-1669) in questa ottava edizione di «In choro et organo». I Suoni della Cattedrale si propongono diversi salmi della stessa raccolta pubblicata a Milano da Carlo Francesco Rolla nel 1655. Si aggiungono a questi alcuni mottetti per voci soliste e continuo del Settimo libro dei sacri concerti a due, tre, e quattro voci dello stesso Grancini pubblicati a Milano da Carlo Camagno nel 1650. Di entrambe le opere l’Archivio del Duomo di Como conserva i libri parte solo di alcune voci. Per l’esecuzione dei salmi del Giardino spirituale ci si è avvalsi dell’edizione moderna di quest’opera, come già era avvenuto per l’esecuzione della messa e delle antifone mariane; i mottetti della raccolta del Settimo libro dei sacri concerti sono stati trascritti riferendosi all’esemplare, completo di tutti i libri-parte, custodito nel Museo della Musica e Biblioteca Internazionale della Musica; questi libri-parte sono stati comunque confrontati con quelli superstiti dell’Archivio del Duomo. La trascrizione di questi brani è stata curata da Riccardo Quadri il quale ha condotto anche la trascrizione del mottetto Vidi speciosam di Paolo Bottaccio (?-dopo il 1623) e delle due canzoni strumentali dello stesso musicista. Comasco, della generazione precedente a Michelangelo Grancini – egli è documentato dal 1609 al 1623 –, Bottaccio fu autore di musiche sacre e profane (un suo libro di madrigali raccoglie composizioni dedicate a istituzioni e personaggi di Como); il mottetto per due voci soliste e continuo fa parte della Seconda aggiunta alli concerti raccolti dal molto reverendo don Francesco Lucino, nuovamente raccolti (Filippo Lomazzo, Milano, 1617). Le due canzoni strumentali che compaiono ne Il primo libro delle canzoni da suonare a quattro, & otto voci (Angelo Gardano e Fratelli, Venezia, 1609) sono state trascritte da Riccardo Quadri in intavolatura d’organo. La pratica di trascrivere per strumento da tasto brani composti originariamente per consort strumentali era del resto una prassi consueta nel Cinquecento e oltre. Esistono molti esempi a questo riguardo.
I salmi del Giardino spirituale, tutte composizioni a quattro parti con il sostegno del continuo, si caratterizzano per la loro sobrietà che rifugge da ridondanti ripetizioni melodiche e testuali. Ne deriva un’immediatezza che pone la parola al centro e in primo piano senza però limitare l’espressività della musica, la quale anzi evidenzia costantemente le immagini che scaturiscono dal testo e da questo trae linfa vitale per strutturarsi. Grancini traduce dunque efficacemente gli intenti della musica sacra controriformista volta al docere mediante la delectatio: l’essenzialità, il porre sempre la parola al di sopra dell’ordito polivoco, viene incontro alla comunicazione diretta, asciutta, essenziale della parola sacra, il docere, appunto: d’altra parte l’eleganza, la duttilità e, a tratti, la vivacità quasi virtuosistica di alcuni passi – l’ornatus inteso in senso ampio – sono invece caratteri tipici della piacevolezza e dello stupore, quindi della delectatio.
La varietas dei motivi che di volta in volta intonano versetti salmodici o parti di essi si accompagna alla diversificazione sonora: passaggi solistici si alternano ad altri caratterizzati dal plenum dell’insieme vocale. Questa alternanza rientra nel concetto stesso di stile concertante che è una delle cifre distintive della musica vocale e strumentale del Seicento e del primo Settecento (per quest’ultima si pensi al concerto grosso, con le continue alternanza fra «concertino» – strumenti solisti – e «tutti»). Peraltro anche all’interno della stessa compagine delle voci soliste si realizza il concertato fra una voce sola e la comparsa successiva delle altre. Un caso esemplare e significativo di ciò lo si osserva nel Dixit Dominus: i versetti «Iuravit Dominus, et non paenitebit eum: tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech» e il successivo «Dominus a dextris tuis, confregit in die irae suae reges» sono cantati il primo dal solo Bassus, il secondo, in funzione di “risposta” al precedente, è affidato al Cantus, all’Altus e al Tenor solisti. Subito dopo entrano tutte le voci su «Iudicabit in nationibus, implebit ruinas; conquassabit capita in terra multorum» seguite da un breve ma elegante duetto fra Altus e Tenor su «De torrente in via bibet» – si faccia caso alle sciolte figurazioni che bene esprimono il fluire delle acque di un torrente – cui si aggancia un terzetto su «Propterea exaltabit caput» (Cantus, Altus e Bassus), con la sua reiterazione testuale affidata al «tutti» che chiude l’episodio. Si comprende bene quanto tutto ciò implichi quella componente coloristica e timbrica che rende estremamente vario il fluire dell’insieme, sempre nuovo e sempre avvincente.
Lo stesso concetto di varietas si estende anche all’organizzazione ritmica: metri binari e ternari si succedono nel Domine ad adiuvandum, nel Dixit Dominus e nel Beatus vir. Completamente in metro ternario si svolgono invece il Confitebor tibi Domine, il Laudate pueri e il Laudate Dominum. Dunque la pulsante vitalità ritmica si attua a livello locale, ossia nell’ambito di uno stesso brano, ma anche a livello più generale nella concatenazione fra un brano e l’altro.
Grancini cita qua e là motivi ed intonazioni gregoriane: ciò accade nel «Gloria Patri» del Confitebor tibi Domine e all’inizio del Beatus vir (nell’uno e nell’altro caso per opera del Tenor). La stessa cosa accade nel bellissimo inizio dell’antifona Salve regina, affidato al Bassus, con il continuo che realizza una solenne ed elegante armonizzazione dell’originaria melodia monodica. Anche nelle antifone la struttura generale è data dall’alternanza soli / tutti ma per Inviolata il legame fra i vari motivi è dato dalla loro somiglianza, se non da una diretta derivazione l’uno dall’altro. In questa infatti al motivo lieve, ascendente per gradi congiunti, con entrate in imitazione e in andamento ternario dell’inizio («Inviolata, integra et casta es Maria») corrisponde più avanti il motivo speculare «Te nunc flagitant devota corda et ora», pure in metro ternario ma in omoritmia, nel quale il moto ascendente per gradi congiunti dell’inizio è ora rovesciato da un disegno analogo ma discendente nella parte del Cantus. Ancora: un inciso di quarta discendente caratterizza il motivo su «Quae es effecta fulgida porta» e quello su «Tua perpraecata dulcissima nobis concedas veniam per saecula».
Elegante e avvincente il serrato dialogo fra le due voci nel mottetto Caelestes aulae milites che procede su un “basso marciante” di chiara ascendenza monteverdiana. Il gaudio dei santi e l’esultanza dei cori degli angeli, contemplanti la Vergine in cielo, ai quali si unisce la schiera dei fedeli in un canto di lode e di supplica di In caelis hodie viene espresso da un vivace andamento ternario che incornicia l’inizio e la fine del mottetto, quest’ultima contraddistinta dalla gioiosa reiterazione dell’«alleluia». In O regina gratiarum si uniscono i tratti distintivi (“basso marciante” e andamento ternario nella parte centrale del brano) dei precedenti due mottetti. Lo stacco stilistico fra i tre brani del Settimo libro dei sacri concerti di Grancini e il Vidi speciosam di Paolo Bottaccio mette in evidenza la distanza temporale fra i due musicisti lombardi: se Grancini opera nel Seicento inoltrato Bottaccio gravita, per appartenenza generazionale, formazione e mezzi linguistici, nella stagione di passaggio fra il Cinquecento maturo e il primo Seicento. Una forte impronta modale impregna il brano del Comasco; soprattutto però la parte iniziale dispiega quella cantabilità «affettuosa» e quell’andamento strettamente legato all’espressività della parola, quindi controllatamente libero nel suo fluire ritmico, che denotano ancora forti legami con la monodia accompagnata di inizio secolo di matrice fiorentina (si pensi in particolare alle Nuove musiche di Giulio Caccini edite nel 1602), ma non solo (si pensi ancora a talune prefazioni di Frescobaldi nelle quali il Ferrarese raccomanda l’esecutore «di non essere soggetti a battuta» ma di seguire e assecondare piuttosto l’espressività dei vari «affetti»).
Credo che il programma di questa ottava edizione di «In choro et organo». I Suoni della Cattedrale offra un significativo – sebbene piccolo e limitato – spaccato di parte della musica sacra lombarda del Seicento e di alcuni dei suoi numerosi e originali protagonisti; allo stesso tempo la riproposizione di queste musiche e la loro efficacia e forza espressiva se da un lato fa rivivere e conoscere, sebbene in modo decontestualizzato rispetto agli originari intenti, pratiche liturgiche e musicali oggi desuete, dall’altra ci dice quanti patrimoni musicali, che ancora giacciono in archivi e biblioteche sia privati che pubblici, siano da scoprire e valorizzare adeguatamente. Allo stesso tempo lo studio, la trascrizione e la riproposizione di gran parte di queste musiche conferma la necessità di quell’interconnessione fra studio e discipline storiche e musicologiche di ambito accademico e la loro rigorosa attuazione in sede esecutiva che permette di comprendere appieno i fenomeni musicali del passato e di fruirne con grande apprezzamento.

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