In Masterclass 2023-2024

Masterclass

Corso Erasmus – Trio da Granada

lunedì 15 e martedì 16 aprile:
Alberto Martos, violoncello
Myriam Sotelo, pianoforte

mercoledì 17 aprile:
Javier Linares, sax

Concerto conclusivo: mercoledì 17 aprile, ore 17:00 – Auditorium

Conservatorio di Como

Link prenotazione biglietti concerto

Programma del concerto

Robert Schumann (Zwickau, 1810 – Endenich, 1956)
Phantasiestücke per clarinetto in La e pianoforte op. 73
arrangiamento per sassofono soprano in Si♭ e pianoforte di Jacques Larocque (Québec, 1945)

Manuel De Falla (Cadice, 1876 – Alta Gracia, 1946)
Danza Española da “La Vida Breve. Dramma lirico in due atti”
arrangiamento per sassofono e pianoforte dalla trascrizione per violino e pianoforte di Fritz Kreisler  (Vienna, 1875 – New York, 1962)

Clara Wieck Schumann (Lipsia, 1819 – Francoforte sul Meno, 1896)
Tre Romanze per violino e pianoforte op. 22
arrangiamento per violoncello e pianoforte

Enrique Granados (Lleida, 1867 – La Manica, 1916)
Intermezzo dall’opera “Goyescas”
arrangiamento per violoncello e pianoforte dalla trascrizione per violino e pianoforte di Gaspar Cassadó i Moreu (Barcellona, 1897 – Madrid, 1966)

Gaspar Cassadò i Moreu
Requiebros
per violoncello e pianoforte

Johannes Brahms (Amburgo, 1833 – Vienna, 1897)
Allegro e Andantino grazioso dal Trio in la minore per clarinetto (o viola), violoncello e pianoforte op.114
arrangiamento per sassofono, violoncello e pianoforte

Javier Linares, sassofono
Alberto Martos, violoncello
Myriam Sotelo, pianoforte

Note di sala

A cura di Barbara Maria Romano

È un viaggio sonoro ricco di contrasti quello proposto dal Trio da Granada a conclusione del Laboratorio Erasmus del Conservatorio di Como. Dalla Hausmusik di Robert e Clara Schumann e Brahms nella Germania di metà Ottocento agli infuocati ritmi di danza di De Falla, Granados e Cassadò nella Spagna del primo Novecento emerge l’idea stessa di Europa in dialogo tra nord e sud, leit-motiv di un repertorio squisitamente in bilico fra tradizione, folklore, cosmopolitismo, uso del colore.

Brani d’esordio sono i Phantasiestücke op. 73 di Robert Schumann, composti a Dresda nel 1849 per clarinetto in La e pianoforte. Il titolo originale, Soireestücke, che il Maestro di Zwickau diede in origine ai tre pezzi, ben descrive la natura intima, appassionata dell’opera, di fatto un’unica composizione in crescendo dal malinconico Tenero e con espressione in La minore del primo brano al modo maggiore dell’Agitato con fuoco nel finale: è spontaneo il rimando alle due personalità schumanniane Eusebio e Florestano, riservato e introverso il primo, impetuoso e appassionato il secondo. I tre momenti, caratterizzati da una ridotta estensione della linea melodica e da un lirismo che mai tracima nel mélo, sono pensati per un’esecuzione in famiglia tra le rassicuranti pareti di casa, non esente da finalità didattiche; accompagnati al pianoforte dalla moglie Clara, i figli eseguivano infatti a turno la parte che il padre aveva destinato indifferentemente al clarinetto, al violino o al violoncello, pur con i doverosi cambi di ottava.

A condurci nel torrido clima di Granada dopo i rigori di Dresda è la Danza Española nr. 1, titolo che nel 1926 Fritz Kreisler diede alla sua trascrizione per violino e pianoforte della danza andalusa al cuore de “La Vida Breve” di Manuel De Falla su libretto di Carlos Fernandez Shaw. All’inizio del secondo atto, quasi un intermezzo nel tipico tempo di tre ottavi, la danza accompagna i festeggiamenti nuziali del protagonista, Paco, con una donna della sua classe sociale, ciò che spezzerà il cuore e la vita della giovane gitana Salud, di lui innamorata. “La vida breve”, di impianto verista con un forte richiamo a Mascagni, ma ispirata al dramma psicologico francese alla Massenet, ha avuto poche rappresentazioni dopo la prima a Nizza nel 1913. Nei programmi sinfonici si trova invece spesso la trascrizione di Kreisler, autentica prova di virtuosismo per i violinisti. Rappresentativa del folklore andaluso dai ritmi accesi, la Danza Española deve il successo all’andamento fortemente cadenzato, quasi ipnotico del tema principale, affidato al violino, una progressione melodica ascendente che dalla dominante in mi ritorna più volte su se stessa fino al repentino, infuocatissimo finale.

Tra le più belle pagine di Clara Schumann née Wieck, le Tre Romanze per violino e pianoforte op. 22, qui nell’arrangiamento per violoncello, ci riportano alle sonorità nordiche, al lirismo discreto, intimo del salotto di casa Schumann. Enfant prodige del pianoforte, compositrice, concertista e didatta, tra le maggiori esponenti del Romanticismo tedesco, Clara Schumann compose i tre brani nel luglio 1853 a Düsseldorf, dove la famiglia si era trasferita tre anni prima con i sei figli. Quello fu per lei un anno di grande prosperità creativa, nonostante i crescenti disagi per l’instabilità mentale del marito. Dedicate al leggendario virtuoso del violino Joseph Joachim, le Romanze furono eseguite in tournée dallo stesso Joachim e da Schumann persino davanti a Re Giorgio V di Hanover che le elogiò con entusiasmo. La morbida cantabilità di vago gusto gitano del primo movimento in tre ottavi, Andante molto in Re♭ maggiore, introduce al breve tema centrale nella relativa minore sullo sfondo di energici arpeggi (animato); la sezione finale, simile alla prima, ripristina la chiave d’impianto e rimanda al tema della prima sonata per violino del marito. Il successivo Allegretto nella malinconica tonalità di sol minore, ricco di abbellimenti e graziosi giochi ritmici, è spesso considerato il più rappresentativo dei tre. Dopo l’esordio, segnato da guizzanti salti del violino su ricche forme accordali del pianoforte, la melodia si apre al più luminoso Si♭ maggiore con lo sviluppo del primo tema fino a spegnersi nel pianissimo calando. L’ultimo movimento, Leidenschaftlich schnell in Si♭ maggiore, riassume i caratteri del primo con appassionata enfasi dei due strumenti in dialogo. I gorgoglianti arpeggi del pianoforte in cangianti formazioni dopo le sestine d’esordio accompagnano il canto pulito del violino; nella sezione centrale gli fa breve eco il pianoforte che poi passa ancora al violino in preparazione al pacato finale.

Segue l’Intermezzo dall’Opera “Goyescas” nell’arrangiamento di Gaspar Cassadò i Moreu per violoncello e pianoforte dall’originale di Enrique Granados su libretto di Fernando Periquet. Di Granados, compositore impressionista, esponente del nazionalismo musicale spagnolo e discreto pittore sulle orme di Francisco Goya, era divenuta celebre nel 1911 la suite per pianoforte Goyescas, antologia di sei brani ispirati a opere del grande artista spagnolo. Il successo fu tale da convincere il compositore ad ampliare la suite nell’omonima opera di teatro musicale che completò nel 1914. Lo scoppio della guerra ne ritardò la prima che finalmente ebbe luogo al Metropolitan di New York il 28 gennaio 1916. La composizione dell’Intermezzo per ensemble strumentale fu richiesta al compositore pochi giorni prima, ragion per cui solo in seguito il brano fu inglobato nella partitura dell’opera. Fu poi l’arrangiamento di Cassadò a farlo conoscere al pubblico. Il brano, tra i classici del repertorio per violoncello, è caratterizzato dall’impeto ritmico della jota, danza popolare aragonese, e dai melismi della canzone andalusa di tradizione araba, intensificati dall’armonizzazione frigia per un effetto di romantica malinconia.

Con Requiebros in Re maggiore per violoncello e pianoforte di Gaspar Cassadò i Moreu, composto nel 1934 con una dedica al maestro Pablo Casals, si indugia nel Mediterraneo. Prima che arrangiatore, Cassadò era soprattutto un eccellente violoncellista, tra i più noti in Spagna, e un compositore dalla felice vena creativa vicina allo stile ispanico antico. Il brano, che in spagnolo significa “galanteria”, si ispira alle tradizionali forme di danza spagnole. Non estraneo a un certo gusto romantico, subito evidente nell’attacco dell’Allegro con moto, il brano manifesta tutto il virtuosismo di Cassadò – esemplare l’Accelerando molto sul lungo motivo di biscrome del violoncello nella sezione centrale –, la straordinaria vitalità ritmica e l’inventiva melodica del compositore, riflessi del suo profondo legame con l’eredità iberica e di un approccio innovativo alla composizione per violoncello.

Chiudono il programma l’Allegro e l’Andantino grazioso dal Trio in la minore per clarinetto (o viola), violoncello e pianoforte op.114 di Johannes Brahms, qui nell’arrangiamento per sassofono, composto nell’estate 1891 a Bad Ischl per il virtuoso del clarinetto Richard Mühlfeld. Fu grazie a quell’incontro se Brahms tornò a comporre, nonostante la decisione, presa l’anno prima, di ritirarsi dalle scene. L’evocazione di un mondo sonoro tutto in filigrana convive con l’esplorazione avanguardistica della tecnica compositiva. Il carattere elegiaco, raccolto del Trio, sorta di memento mori per il Maestro di Amburgo, si assapora sin dal malinconico tema d’esordio del primo movimento, esposto dal violoncello, cui fa eco il timbro scuro, rotondo del clarinetto, qui al sassofono. All’impeto drammatico dell’Allegro si contrappone l’impasto timbrico dei tre strumenti e il piglio galante, quasi canzonatorio dell’Andantino grazioso, aperto alle più radiose sonorità del La maggiore. Il Trio segnò l’inizio di un fecondo sodalizio con Mühlfeld che poi eseguì anche il Quintetto op. 115 e le due Sonate op. 120 per clarinetto, composte per lui da Brahms.

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